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L'editoriale [numero 5]: "Charles Bukowski e le notti in Filodiffusione con Bach, Mozart e Mahler"
Scritto da Marco Scolesi   
sabato 16 agosto 2014
Vent'anni fa moriva Henry "Hank" Chinaski. Quello che segue è, da un certo punto di vista, il ricordo di un amico, o meglio di un "compagno di sbronze". "Per fortuna come consolazione ho la musica classica e l'alcol". Parole dello scrittore americano Charles Bukowski, anticonformista e anarchico, amante delle sinfonie e di ogni forma di ubriacatura. Inventò il realismo sporco. Bukowski viveva, faceva sesso, beveva, giocava ai cavalli e scriveva. Ha scritto più di sessanta libri, fra raccolte di poesie, romanzi ("Pulp", "Post office", "Donne", "Factotum"), memorie ("Il capitano è fuori a pranzo"), aforismi e racconti brevi ("Storie di ordinaria follia", "Taccuino di un vecchio sporcaccione", "A Sud di nessun Nord"). Nell’istante in cui si sistemava alla sua scrivania, pronto a colpire i tasti della macchina per scrivere, negli ultimi anni del Pc, insieme ai sigari e all’immancabile bicchiere di vino rosso (o birra), c’era sempre della musica classica ad allietare le sue notti di scrittura. In filodiffusione, o almeno da noi in Italia è così, sul quinto canale o su Radio 3. In alcune poesie Bukowski descrive con accuratezza le sensazioni provate durante l’ascolto di Brahms, Mozart, Stravinskij, Rossini o Mahler, di cui amava in particolare la Nona Sinfonia. Inoltre, considerava Bach come un padre o come uno di quei musicisti che se li ascolti troppo non puoi più farne a meno. "Sei tu che mi rendi l’Inferno sopportabile". Di Wagner ammirava l’irruenza, la furia compositiva. Un vero ”miracolo tuonante”. "Wagner ruggisce fuori dalla radio/ io mi inchino all’agonia e alla magia di quell’uomo/ da tempo defunto". E ancora: "Stavo ascoltando Brahms, a Philadelphia, nel 1942, avevo un piccolo grammofono, era il secondo movimento della Quarta. Abitavo da solo a quel tempo, stavo lentamente scolandomi una bottiglia di Porto e fumando un sigaro a buon mercato. La stanza era piccola e pulita". Lo scrittore, non a caso nato in Germania (ad Andernach), non ha mai nascosto il suo amore per la musica classica. Lo rilassava, soprattutto negli anni della povertà e nell'ultima fase, e lo ispirava, suggerendogli temi di riflessione, in seguito trasformati in potenti poesie sulla scrittura o sui ricordi d’infanzia. In una poesia, intitolata "Io e la musica classica", Bukowski racconta l’esatto momento in cui la musica sinfonica entrò a far parte della sua vita. Si trovava in una di quelle cabine d’ascolto di tanti anni fa: chiunque poteva entrare, ascoltare un disco in santa pace e, se soddisfatto, decidere di comprarlo. Bukowski non ricorda il titolo del disco né l’autore, ma racconta quei suoni come strani e affascinanti. All’epoca era un disoccupato senza quattrini e scialacquava il denaro in vino scadente e sigarette, ma amava mescolare entrambe le cose con musica e scrittura. Dato che non poteva portare con sè il giradischi, cominciò ad ascoltare la radio, così gli capitò di ascoltare nuovi compositori mai sentiti prima. “Gente perlopiù sconosciuta/ ma comunque capace di scrivere opere davvero commoventi/ e mentre passavo da una donna all’altra/ da un lavoro all’altro/ dentro e fuori dagli ospedali e dall’amore/ ho speso così tante sere ad ascoltare musica classica alla radio/ Quasi ogni ora". Lo scrittore prosegue descrivendo le maestose arie di Mahler. Di Mahler parla anche in "Il capitano è fuori a pranzo", scritto nelle ultime settimane di vita, con la leucemia pronta a colpire (morì nel 1994, a San Pedro, in California): "C'è Mahler alla radio, che fila via liscio, rischiando grosso, a volte ne senti il bisogno. E poi annuncia l'ascesa di lunghi poteri. Grazie Mahler, per il prestito che non ti renderò mai. Fumo troppo, bevo troppo, ma non posso scrivere troppo, mi viene così e io ne chiedo ancora e arriva e si mescola con Mahler. Via avanti, Mahler. Hai fatto di questa serata una serata splendida. Non ti fermare!". Nella raccolta "Il grande", uscita postuma, ha un ultimo pensiero per Bach: "Sto ascoltando una sua sonata del 1923/ all'epoca avevo tre anni ma Bach era eterno/ sto per morire ma non ho rimorsi al riguardo/ io e Bach siamo in questa stanza insieme/ ora la sua musica mi eleva al di sopra del dolore e dei miei patetici egoismi/ Bach ti ringrazio, non ho amici viventi". Ogni notte, in filodiffusione, insieme ai fantasmi dei grandi compositori arriva a casa mia anche l'insostituibile "Hank" Chinaski, come sempre pronto per una bevuta, anzi per svuotarmi la cantina. "Apri tu?", mi chiede. "Certo, Bonarda della Sgarbina di Losi", rispondo. Beviamo, sul divano, con le bottiglie e i bicchieri sul tavolino, mentre Mahler spinge a fondo una meraviglia di Sinfonia. Un'altra notte sta passando, inesorabile. Ma questo ci basta, seppur nell'odor di chiuso ci difendiamo e giriamo alla larga. E funziona!


 
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